Gioele D'Ambrosio

Psicologo, psicoterapeuta. Esperto in disturbi d'ansia e dell'umore, attacchi di panico, dipendenze affettive, supporto alla genitorialità e alla famiglia. Conduce gruppi per la crescita personale, lo sviluppo della consapevolezza e della spontaneità. Leggi gli altri articoli di Gioele D'Ambrosio.

3 Risposte

  1. ivan ha detto:

    Credo che a volte un autostima esagerata possa superare il riconoscimento dei propri limiti. E se, per quanto mi riguarda, preferisco relazionarmi sicuramente con persone della seconda categoria (se così si può definire..)ciò non toglie a ciascuno di noi la possibilità di poter esperimere il suo parere senza sentirsi necessariamente condizionato. mio malgrado, non ho studiato psicologia e psicoterapia, quindi non posso permettermi di entrare in specifici campi culturali non alla mia portata per logica “ignoranza del settore”, ma credo che se dovessi scegliere uno psicoterapeuta sicuramente orienterei la mia scelta verso chi dimostra un’umiltà di base tale da poter essere il primo passo per la costruzione di una relazione costruttiva.

  2. marco carafoli ha detto:

    Sono d’accordo con tutti i punti ad eccezione del secondo (il tuttologo). Sono uno psicologo sistemico e, in accordo con il mio orientamento, considero le specializzazioni come forme di collusione con le difese che le famiglie organizzano designando un membro del gruppo come portatore del sintomo. Nutro anche molti dubbi sulla pratica dell’invio che mi suona come un rifiuto del prestare aiuto. Molto meglio riuscire ad integrarsi tra diverse figure professionali (ad es. neuropsichiatra infantile e psicologo o psicoterapeuta). Un saluto, Marco

    • Gioele D'Ambrosio ha detto:

      Ciao Marco, comprendo i tuoi dubbi e capisco l’approccio epistemologico sistemico, ma c’è da considerare che a volte ammettere a se stessi i propri limiti è una pratica ancor più terapeutica della terapia stessa. L’onestà unita alla “volontà di bene” il più delle volte può rivelarsi una pratica vincente. Il fatto di rendersi conto di non poter aiutare una data persona, non è rifiutarsi, è essere consapevoli che in alcuni casi si possono avere delle difficoltà e ammettere tranquillamente che ci sono altri colleghi che in quel caso riuscirebbero meglio di noi. non credi? Son d’accordo con te sull’integrazione delle diverse figure, sono un fermo sostenitore del lavoro di rete!
      PS: scusami se non entro ancor più nel dettaglio, non credo sia questa la sede adatta, ma se vuoi contattami pure che ci scambiamo alcune idee. Un saluto, Gioele