Cosa nasconde il nostro rifiuto della politica?

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rifiuto politicaDa qualche tempo si respira nell’aria un diffuso sentimento di anti-politica. Sono in molti infatti a vivere il rifiuto della politica. Questo prende la forma di un sentimento, comune, di indifferenza, di disinteresse, di sfiducia, ma soprattutto di estraneità e di non partecipazione verso una politica che sembra sempre più lontana dalle persone comuni e che non offre risposte concrete ai nostri problemi quotidiani.

Per dare concretezza a questo sentire comune, tralasciando le ragioni sociologiche del rifiuto che allontana dalla politica, abbiamo provato a darne una lettura psicologica. Ascoltando per esempio le opinioni della gente per strada, i talk show televisivi e leggendo le interviste e i sondaggi sui giornali emergono alcuni convincimenti degli italiani che spesso si ripetono e che raccolgono in qualche modo un modo di pensare e di sentire comune.

Per esempio, molti ammettono di disinteressarsi perché preferiscono occuparsi dei problemi personali. Altri rifiutano la politica perché, come si sente dire spesso, “Non mi interessa, tanto è tutto uno schifo”. Altri ritengono che la politica sia invece una cosa incomprensibile, in particolare le donne. Ma c’è anche chi ha perso interesse perché non trova leader politici degni di fiducia, mentre altri attribuiscono il rifiuto della politica e il conseguente allontanamento, al fatto di non poter incidere comunque sulle scelte del paese. In sostanza, una gran parte di noi italiani si sente legittimata a disertare le questioni politiche perché, in ultima analisi, la politica non lo merita, ha deluso, è sempre meno in grado di garantire sicurezza e protezione, persino un’etica. Ci tengo a sottolineare la parola etica, visti i recenti scandali che hanno attraversato l’Italia da nord a sud, e che hanno coinvolto la politica da destra a sinistra. Questi convincimenti degli italiani sono quindi nutriti di fatti concreti, sempre più all’ordine del giorno. E i telegiornali, le trasmissioni politiche televisive, così come i quotidiani, giornalmente non mancano di sottolinearne questo aspetto ormai dilagante.

All’origine di ogni personale approccio alla politica ci sono quindi delle aspettative deluse, ma non solo. Basterebbe andare un po’ più in profondità per scoprire cos’altro si cela dietro certe frasi stereotipate (convincimenti) che caratterizzano il povero italiano sfiduciato. Volendo giocare un po’, potremmo dire che ognuno di questi convincimenti corrisponde a grandi linee ad un personaggio interiore, che tende, in certe situazioni, a dominare la scena della nostra personalità. Dentro di noi infatti, si avvicendano una serie di personaggi che sono attivati da bisogni, istanze e desideri interiori ben precisi. La Psicosintesi per esempio utilizza la metafora dei personaggi interiori (subpersonalità) proprio per spiegare gli avvicendamenti e i movimenti interni alla nostra psiche.

Fatta questa premessa, proviamo ora a dare un occhiata e ad immaginare quale tipo di persona potrebbe formulare le suddette opinioni riguardo la politica.

 

“Preferisco occuparmi dei miei problemi personali”

Il disinteresse e il rifiuto della politica corrisponde a una minore disponibilità ad occuparsi dei problemi degli altri. Dietro a questo rifugiarsi nel piccolo mondo personale si nasconde quell’aspetto di noi che possiamo chiamare “narcisista”, egocentrato, insicuro perché non è stato amato per quello che è, ma per quello che fa. Questa parte narcisistica ha imparato che per autorealizzarsi deve per forza ripiegare su stessa, diventando egoista: cosa che invece di arricchirla la condanna all’isolamento e alla solitudine, costretta per fragilità all’indifferenza verso gli altri e a occuparsi soltanto di se stessa.

 

“La politica non mi interessa, è tutto uno schifo”

Qui emerge il disincanto, le delusioni di chi ha perso le grandi utopie, ma anche i grandi sogni e si concentra sulla sopravvivenza del vivere quotidiano. È come se sentisse la nostalgia di ciò che si vorrebbe essere, ma è vietato perfino desiderarlo.  Tutto viene dato per definito, chiuso, immutabile. A parlare così è quella parte di noi che potremmo definire “depressa”, che non ha speranze, continuamente vessata da un  genitore che giudica, critica, controlla, con una visione del mondo minacciosa e continua fonte di sfiducia.

 

“La politica è incomprensibile”

È vero che la politica non ha ancora trovato i linguaggi  adatti a essere compresa con facilità, chiusa com’è su se stessa. Questo perché le parole e i concetti del lessico politico moderno non corrispondono più alle cose. Ma vediamo comunque che dietro questa risposta stereotipata si nasconde una parte di noi che potremmo definire “quella che si adatta”, a cui il genitore interno dice: “Tu non sei in grado di pensare con la tua testa”. Non pensare può volere dire anche non crescere. Questi sono messaggi che tipicamente vengono rivolti alle bambine, e non a caso sono soprattutto le donne, rispetto agli uomini, quelle che rifiutano la politica perché la considerano incomprensibile. Certamente qualcosa, nel modo in cui la politica storicamente è stata costruita e vissuta, rigetta le donne, facendole sentire in una terra straniera, dove si parla un linguaggio incomprensibile e ostico.

 

“Non trovo leader politici degni di fiducia”

Sotto questo profilo si nasconde quell’aspetto di noi che potremmo definire “abbandonato”, che non è stato protetto e messo al sicuro da una figura genitoriale, perché debole o addirittura assente, e che dunque cerca un genitore esterno, in questo caso un leader a cui affidarsi. Ma nuovamente ne resta deluso visto che la gran parte della classe politica è caduta recentemente sotto il peso degli scandali, l’inefficienza, e chi più ne ha più ne metta, contribuendo notevolmente ad alimentare questo senso di sfiducia che alimenta quest’aspetto dentro di noi.

 

“Sento di non poter incidere sul cambiamento”

Qui emerge certamente un maggior rapporto con la realtà, ma c’è un aspetto di noi che potremmo definire “quello che non crede in sé”, che non si fida di se stesso e non sperimenta quello che c’è intorno. È in grado di vedere come stanno realmente le cose, elabora le informazioni che provengono dall’esterno, ma è perennemente “insicuro” perchè ha assimilato l’intimazione del genitore “Non sei all’altezza. Potevi fare meglio”.

 

Abbiamo visto come, analizzando questi ipotetici profili, dentro di noi si muovi una moltitudine di personaggi. Diverse parti che si avvicendano nel vivere quotidiano, e che, a seconda della situazione che si sta vivendo, si attivano e vengono a dominare la scena, come un attore che recita la sua parte sul palcoscenico della vita.

Certo, avremmo bisogno che le nostre attese, i nostri bisogni più intimi vengano sempre soddisfatti: dal sentirci protetti dalla classe politica, dal volerci affidare solo ad un leader politico con un senso etico e una chiara visione di cosa è giusto e cosa non lo è, ma anche dall’essere lasciati liberi, o dall’essere certi che i programmi e i progetti proposti dai singoli politici siano realizzabili nella realtà e rispondano anche ai nostri interessi.

Queste aspettative, questi bisogni che nutriamo dentro di noi si scontrano invece con la realtà che non sempre, anzi quasi mai, riesce a soddisfare pienamente.

 

Si può trasformare il rifiuto della politica in un attegiamento più maturo?

 Tornare ad appassionarsi alla politica è possibile, iniziando, se si vuole, con il cambiare atteggiamento dentro di sè.

Vediamo come:

  • Possiamo autorizzare quella parte di noi “narcisista” a piacersi così com’è e a non isolarsi egoisticamente: in questo modo la politica diventa una nuova forma dell’essere in comune, di far vivere un desiderio di legame con gli altri.
  • Possiamo permettere a quella parte di noi “depressa” di credere invece in se stessa: la politica allora diventa l’occasione per liberare nuove energie e la capacità di immaginare perché no, anche uno scenario futuro.
  • Possiamo autorizzare quell’aspetto di noi “che si adatta” a credere  che le sue idee, quello che pensa, hanno invece valore e a darsi anche il permesso di seguire le cose della politica, non considerandola più ostica e incomprensibile.
  • Possiamo permettere a quella nostra parte “abbandonata” di proteggersi e darsi sicurezza da sola così da caricare di minore aspettative il ruolo dei politici.
  • Possiamo permettere a quella parte di noi “che non crede in sé” di fidarsi invece di se stessa e di sperimentare quello che c’è intorno: la politica allora può diventare lo spazio dove potersi esprimere in piena libertà, anche con la concretezza di un gesto, quello del voto per esempio.

Malgrado siamo delusi dalla politica, oltre che sfiduciati e nauseati, possiamo tornare ad interessarcene come il riflesso di un desiderio autentico di vivere insieme con gli altri.  Questo può avvenire solo se abbiamo reso cosciente le intime ragioni del nostro rifiuto.

 

Qui di seguito il link al programma de La 7 “Coffee Break” dove sono stata intervistata in merito a quest’articolo: http://www.la7.it/coffeebreak/pvideo-stream?id=i660503

 

Cristiana Milla, psicologa e psicoterapeutaPer avere maggiori informazioni, visita la sua pagina personale e leggi gli altri articoli.

Per consulenze psicologiche, psicoterapia, seminari o altre richieste, puoi scriverle una mail all’indirizzo [email protected]  oppure telefonarle al 339.6137545.


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Cristiana Milla

Psicologa, psicoterapeuta. Esperta in disturbi d'ansia, disturbi alimentari, difficoltà sessuali, dipendenze affettive, supporto alla genitorialità e alla famiglia. Collabora con l'Istituto di Psicosintesi di Roma. Leggi gli altri articoli di Cristiana Milla.

Una risposta

  1. Mattia ha detto:

    Parole davvero fine per definire i disagiati mentali. Ho potuto constatare che, in molti anni di dibattito con altre persone, è come cercare di riempire uno scolapasta di acqua. Oltre a questi difetti interni si aggiunge l’ignoranza degli argomenti politici ed una pigrizia generale nel non informarsi appunto perchè la politica è incomprensibile. C’è chi si permette di sognare ad occhi aperti perchè sa di avere tanti amici/parenti o perchè vive in una famiglia ricca e chi, invece, deve sbattere la faccia contro la realtà quotidiana ogni giorno. Quest’ultime persone sono quelle che sono “costrette” a interessarsi un po’ di più al mondo della politica che, trovandola piena di difetti o di incomprensioni, la rinnegano o si affidano al primo leader politico di turno che pone le questioni complesse con soluzioni semplici. Consigliare va bene, ma cambia di pochissimo la situazione. Le persone tendono sempre a non accettare le responsabilità del proprio agire e a scaricarle sugli altri o su eventi a caso.