Quante emozioni! Com’è difficile essere volontari di Protezione Civile!

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Questo articolo nasce da un’esperienza professionale ma anche carica di emozioni che ho vissuto la settimana scorsa. Dietro invito di Cosimo Covelli, Presidente della Lipambiente onlus, ho infatti tenuto, insieme a Monica Madeo, collega e amica di lunga data, una giornata di formazione per un gruppo di volontari di Protezione Civile della Lipambiente sul tema della comunicazione nelle situazioni di emergenza. Il seminario si è svolto a Mormanno, il paese più danneggiato dal terremoto che ha colpito il Pollino a fine ottobre.

Quante emozioni! Com’è difficile essere volontari di Protezione Civile!Per l’intera giornata del seminario – e probabilmente anche adesso che ne sto scrivendo – la terra tremava.

Una situazione a tratti surreale che mi ha spinta a chiedermi quali siano le problematicità e le fatiche affrontate da una persona che sceglie di fare il volontario di Protezione Civile. A volte, presi dalla rabbia e dall’orrore per terremoti e alluvioni che hanno ucciso, dimentichiamo la delicatezza e la complessità richieste a chi decide di mettere a disposizione degli altri in difficoltà il proprio tempo e le proprie energie.

 

Le emozioni dei volontari di Protezione Civile

I volontari di Protezione Civile (come del resto Vigili del Fuoco, agenti di Polizia, personale sanitario, etc.) sono esposti all’emergenza in modo intensissimo, non identico ma comunque simile a quello delle vittime: volontari e vittime vivono lo stesso ambiente devastato. I volontari ascoltano i racconti dolorosi delle vittime e delle vittime sostengono le speranze e assorbono le paure, oltre a offrire un supporto strumentale fatto di cibo, coperte e altri oggetti necessari alla sopravvivenza.

Prima però di rassicurare le vittime – che sono persone a volte ferite, disperate, che hanno perso la casa o patito un lutto – prima di prendersene cura da un punto di vista concreto ed emotivo, il volontario deve rassicurare se stesso, deve essere in grado di controllare la sua paura, di trasformarla in una bussola per individuare i pericoli ed evitare così che la paura degeneri in ansia o panico, deve riuscire a vincere la sua rabbia, il suo sentirsi inutile o in colpa.

Il volontario, come ogni altro operatore di Protezione Civile, si muove in un contesto in cui è avvenuto un cambiamento sconvolgente ed è difficile fare previsioni: tollerare la tensione del presente e l’incertezza del futuro è una competenza psicologica complessa, che sta alla base della possibilità stessa di mettere in pratica abilità tecniche. Tollerare l’incertezza significa filtrare le emozioni, tante, intense, lancinanti, attraverso la riflessione. Significa riuscire a non farsene travolgere e a frapporre tra emozioni e comportamento il pensiero.

Fermare l’azione e far passare le emozioni attraverso il pensiero non sono cose semplici, ma è questo agire razionale che permette al volontario di proteggere se stesso e le persone che si propone di aiutare.

Nel dare informazioni su quanto accaduto e nel fornire supporti strumentali, i volontari di Protezione Civile cercano allora, con i piedi ben piantati per terra e lontani da sciocchi eroismi, di:

  1. gestire la personale reazione emotiva in modo tale da operare in modo corretto ed efficace e al tempo stesso proteggere il proprio equilibrio psicologico;
  2. contenere le emozioni delle vittime, come dolore, sofferenza, imbarazzo, rabbia, impotenza, disperazione;
  3. attivare nelle vittime quelle risorse utili a reagire in modo positivo, quella capacità di resilienza che fa rialzare e andare avanti.

 

Il gruppo come risorsa per i volontari

Il gruppo di volontari, la squadra, può essere il luogo in cui “ricaricare le batterie”. Il confronto con altri volontari assume un’importanza fondamentale perché permette uno scambio di esperienze e punti di vista che aiuta a non sentirsi soli o gli unici a pensarla in un certo modo.

Il gruppo è un contenitore in cui rielaborare, in maniera condivisa, gli eventi più critici, in cui trovare conforto, elogi o, se necessario, una critica costruttiva al proprio operato.

 

E se il supporto del gruppo non basta?

Al primo segnale di cedimento, la prima cosa fondamentale e necessaria da fare è prendersi cura di se stessi, seguendo dei piccoli accorgimenti che permettono di stare meglio (Fenoglio, 2010):

  • Cercare di riposarsi il più possibile e mangiare bene;
  • Non cercare di fare troppo;
  • Non prendere la rabbia o la frustrazione come un fatto personale;
  • Fare attenzione alla vittimizzazione secondaria e all’identificazione con la vittima;
  • Lavorare preferibilmente in gruppo;
  • Parlare, parlare, parlare;
  • Farsi sostenere emotivamente da persone vicine.

E se i sintomi durano più di quattro settimane, meglio rivolgersi a un professionista, medico, psichiatra o psicologo.

Insomma, è dura la vita dei volontari! E ringraziarli è davvero il minimo che possiamo fare.

 

Per approfondire

Fenoglio M.T. (2010). Le emozioni dei soccorritori. Rivista di Psicologia dell’Emergenza e dell’Assistenza Umanitaria, 4, 46-80.

Non ti servono le gambe per danzare: la resilienza di Sidiki Conde

La resilienza: breve nota su risorse, asini e pozzi

L’importanza dell’avere speranza (per l’anno nuovo che verrà e non solo)

 

Photo credit: ZoiDivision

 

Rosalia Giammetta, psicologa e psicoterapeuta, si occupa di adulti e adolescenti, a Roma. In particolare, è specialista in disturbi d’ansia e depressione e nella prevenzione dei comportamenti a rischio. Ha condotto numerose attività di formazione e ha pubblicato il volume L’adolescenza come risorsa. Per saperne di più, visita la sua pagina personale e leggi gli altri articoli .

Per consulenze psicologiche, psicoterapia, scrittura di progetti, seminari o altre richieste, puoi scriverle una mail su [email protected] oppure telefonarle al 349.8195168 e prendere un appuntamento.

 


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Rosalia Giammetta

Psicologa, psicoterapeuta a orientamento psicodinamico, specialista in disturbi d'ansia, esperta in psicologia dell'adolescenza e dinamiche di gruppo, progettista. Leggi gli altri articoli di Rosalia Giammetta.

9 Risposte

  1. Donato ha detto:

    Non condivido affatto la mail di marica, sono un volontario e quando dono con le persone che danno la loro vita il loro tempo trasferiscono ld loro emozioni negli altri che hanno bisogno, ebbene si le loro facce non sono scure, ma solari piene di siddisfazione e di amore di aver potuto aiutare qualcono che allora ne aveva bisogno…. la percezione per un puro meccanismo psicologico ci fa capire anche cosa c’è dietro chi scrive e dentro ciò che racconta, magari c’è un po di quello che si ha dentro……

  2. Qui psicologia ha detto:

    Ricordiamo che i commenti diffamatori o con linguaggio volgare non vengono pubblicati.

  3. Marica ha detto:

    Ho conosciuto nel 2001 ben 8 volontari veri della protezione civile Francese quelli erano dei veri volontari .
    Erano avevano una faccia luminosa da brave persone erano tutti rilassati , socievoli ,amichevoli ed erano spontanei, sinceri è onesti nel rispondere alle mie domande curiose sulla loro attività .
    Tutti i volontari italiani della protezione civile che ho conosciuto o visto in giro invece hanno una faccia scura cupa si comportano in maniera losca da criminali sono nervosi se gli domandi qualcosa per pura curiosità ti guardano storto e ti raccontano solo balle o menzogne e di norma non danno confidenza a nessuno .
    Da questi comportamenti è evidente che i volontari della protezione civile italiana vanno solo per guadagnare soldi avere privilegi e fare il meno possibile .
    Per questo motivo mantengono le distanze perché hanno paura di farsi conoscere è riconoscere !

  4. Federico ha detto:

    Consigli utilissimi! Grazie!

  5. Ottimo articolo.
    A margine: la maggior parte dei volontari che conosco, tutto questo lo fanno d’istinto. E’ impressionante vedere la loro reazione perfetta davanti al disastro.
    Ho visto persone non educate né colte, trovare le parole giuste e i gesti perfetti per consolare le vittime.
    La mia opinione personalissima è che, quando si mette il proprio tempo a disposizione degli altri, si è già dotati “per definizione” di una sensibilità superiore alla media, e che le vittime “sentano” l’amore che ogni volontario si porta dentro.

    • Rosalia Giammetta ha detto:

      Grazie, Alfredo! E sottolineo una cosa: uno degli aspetti più importanti che un volontario deve affinare è proprio la capacità di entrare in sintonia con gli altri senza farsene risucchiare. Cioè agire in modo efficiente ma non meccanico.

  6. Rosalia Giammetta ha detto:

    Grazie per l’incoraggiamento! Cercheremo di proseguire con altrettanta determinazione e altrettanta passione.

  7. Domenico Mingrone ha detto:

    Complimenti-e Auguri per la Vostra Attività .
    Un caro saluto:
    [email protected]