La gelosia non ti fa più dormire?
La gelosia è un sentimento complesso e potente, capace di coinvolgere e richiamare all’azione tutte le nostre funzioni bio-psichiche. Vengono attivate le funzioni legate al corpo (percezione e sensazione) e quelle legate alla mente (pensiero, desiderio, emozioni, memoria). Non a caso, chi ha avuto esperienza della gelosia, sa che quando prende il sopravvento la si sente dappertutto, nel corpo e nella mente.
Nella nostra vita è facile avere ricordi di momenti legati alla gelosia. Non c’è nulla di male, è fisiologico. Sentire la gelosia è un esperienza fondamentale che già dalla nostra infanzia ci permette di conoscerci e riconoscerci. Fa sentire al bambino di essere qualcosa di diverso e separato dalla sua mamma: è un esperienza che potremmo dire formativa. La gelosia pone fine al periodo fusionale con la mamma per dare vita ad una prima vera e propria individualizzazione. D’altronde, chi ha fratelli ha potuto sperimentare che, la gelosia è un sentimento che nasce proprio nell’infanzia. Basti pensare alla nascita di un fratellino per un primogenito cosa può significare, o ancora, cosa vuol dire per un bimbo molto piccolo l’allontanarsi della mamma. O ancora, come ci insegna la psicoanalisi, un bimbo può essere molto geloso del rapporto tra i suoi genitori, tra padre e madre: il cosiddetto complesso di Edipo.
Da dove nasce la gelosia?
La gelosia nasce dall’idea che io possa, improvvisamente, perdere quello che ho di più caro al mondo, sia che si tratti di una cosa che di un affetto. Pensate ad un bambino piccolo e a quello che può significare per lui la possibilità di perdere l’amore dei propri genitori. Potrebbe significare la morte. Un bimbo si rende conto abbastanza presto di due cose: della sua debolezza rispetto al mondo e della dipendenza affettiva dai suoi genitori. Lui sa che senza di loro sarebbe perduto, che la sua forza deriva dalla capacità di farsi amare e benvolere. Non è un caso infatti, che la maggior parte delle persone provi una gran tenerezza verso i cuccioli, e pensateci bene è proprio grazie a questo sentimento che gli stessi cuccioli riescono a sopravvivere.
Da quanto detto finora gli individui apprendono fin da subito a raccogliere le proprie energie nei confronti di una protesta accorata quando c’è il rischio di perdere la persona cara. Concetto questo che si lega al tema della possessività.
Quando la gelosia supera i limiti
Fino ad ora abbiamo parlato di un sentimento valido che rientra nella normalità quando esiste l’effettiva e concreta possibilità di poter perdere qualcuno o qualcosa.
Ma quando, invece, questa possibilità è del tutto remota?
Per esempio: “sto camminando per la strada con la mia fidanzata e incrocio lo sguardo con un’altra donna. La mia compagna se ne accorge e piazza una scenata alla quale segue un violento litigio”. In questa situazione tipo, non c’è il pericolo reale di perdere l’unione di coppia, non si sta parlando della concreta possibilità di perdere il proprio partner, ma il geloso si comporta e reagisce esattamente come se stesse per perdere tutto. E con molta probabilità, con la sua reazione, finirà con l’allontanare da sé l’amore di cui ha bisogno, fino ad arrivare a perdere veramente la persona cara. È il paradosso della gelosia.
Siamo abituati a pensare che manifestare la propria gelosia equivale a dimostrare quanto ci teniamo a quella data cosa. Entro certi limiti forse è anche vero. Non è vero però che per dimostrare quanto teniamo ad una persona dobbiamo passare necessariamente attraverso la collera, l’alterazione o le scenate. Il nostro grado di gelosia lo possiamo misurare da quanto restiamo attaccati a questo sentimento, cioè quanto tempo dedichiamo a questo sentimento, sentire quanto siamo schiavi di quel pensiero, di quella ossessione che chiamiamo gelosia.
Fa molto male ritrovarsi con la sensazione di essere esclusi. Questo genera paura, frustrazione ed aggressività. Ci fa gridare e battere i pugni, tentiamo di imporci dicendo Io voglio questo o quest’altro, io lo pretendo! O come anni fa cantava Raf in una sua canzone: “ti pretendo!”.
La persona gelosa deve comprendere che il suo problema ha radici antiche e che nelle situazioni di gelosia, in realtà, è come se rivivesse e poi mettesse in scena le stesse antiche paure. La gelosia è un sentimento multiforme: al suo interno ritroviamo l’insicurezza, la paura di essere lasciati, la paura dell’abbandono, la scarsa stima di sé, l’eccessiva dipendenza dall’altro e altro ancora.
La persona gelosa potrebbe trarre giovamento da un percorso mirato di psicoterapia. Prima di far questo però, è bene che valuti se le sue gelosie sono accettabili o invece preoccupanti, se è in grado di auto-gestirsi o se gli serve forse un aiuto, ma soprattutto deve valutare e sentire quanto questo suo modo di fare genera sofferenza nell’altro oltre che in se stesso.
Concludo citando un’altra canzone, perché a volte coloro che scrivono canzoni e poesie sintetizzano meglio di chiunque altro certi aspetti della psiche umana. Buon ascolto…
“Gelosia
è come una bugia
cresce come un’idea
non ti fa’ più dormire.
ti vengo a prendere al lavoro
anche se tu non mi aspettavi, no non mi aspettavi.
Dammi gli occhi tuoi che cosa hai fatto stasera
nelle foto tu con lei sembri più felice e poi,
dammi gli occhi tuoi che cosa farai domani
baciami e poi dimmi di chi sei!
Gelosia
è come la pazzia
vive di fantasia
non ti fa’ più dormire..” (Gelosia – Dirotta su cuba)
Per consulenze psicologiche, psicoterapia, seminari o altre richieste, puoi scrivere a Gioele D’Ambrosio oppure telefonargli al 339.7098160.
la gelosia è una brutta bestia!
A me sarebbe piaciuto anche citare “il tango della gelosia” di Vasco!
“Non è la gelosia!
quello che sento
quello che sento dentro!
È più una malattia
che non ci riesco
che non capisco proprio!!!
…
Se tu sei solo Mia!
che cosa Importa!
…
il resto è una follia!
come un fantasma!
il resto è colpa mia!
Colpa mia e Basta!
…
Ma non Andare Via!
Stammi vicino
stammi molto vicino!
…
E NON ANDARE VIA!
neanche con lo sguardo
quando mi siedi accanto!
…
perché la gelosia
è solo questo!
perché la gelosia!
non è nient’altro!
Niente che colpa mia!”
no? 🙂
hai ragione, ci stava benissimo!