Quante cose diciamo di noi su Facebook?
Sono molte le persone che sostengono di sentirsi su Facebook più libere di esprimersi, più propense a parlare di se stesse: sentono che quello che raccontano rimane separato dalla vita reale e non ha delle conseguenze concrete, delle ripercussioni su di essa.
Facebook e la disinibizione
È questo uno degli effetti della disinibizione che, senza che ce ne rendiamo conto, si verifica a volte nella comunicazione online. L’emotività ha il sopravvento e siamo spinti a dire ciò che in un contesto reale non avremmo detto. La disinibizione, ad esempio, può far pubblicare delle foto in cui si è ubriachi o post su questioni estremamente intime o carichi di rabbia contro il proprio datore di lavoro.

Su Facebook parliamo di noi…
Peccato però che, attraverso la catena amici-amici-degli-amici, questi commenti risultino visibili anche a chi non dovrebbero.
Oltre ad aver ferito qualcuno (pensiamo alle vittime di cyberbullismo) e determinato tirate d’orecchio e licenziamenti, la disinibizione su Facebook scatena un bel po’ di litigi tra le persone fidanzate o sposate: quanto pubblicato su Facebook dal partner (e di cui in altri tempi e con altra tecnologia non si sarebbe saputo nulla…) può alimentare dubbi sulla sua sincerità e fedeltà e avviare delle corpose crisi di gelosia.
I motivi che spiegano la disinibizione su Facebook sono principalmente due: l’invisibilità e la asincronia della comunicazione.
Innanzitutto l’invisibilità. Quando raccontiamo a una persona cosa ci è successo o come ci sentiamo, l’espressione che leggiamo sul suo volto ci aiuta a capire se è interessata alle nostre parole, se l’emotività che c’è nel nostro discorso è per lei troppa o se stiamo sbagliando il tono; la sua reazione ci aiuta a trovare un equilibrio tra il nostro desiderio di aprirci e la sua capacità e volontà di ascoltarci. Quando aggiorniamo il nostro stato su Facebook o quando siamo in chat, questo aspetto non è presente e così è possibile che diciamo cose su di noi particolarmente intime e in un modo che non è necessariamente il migliore.

… oppure non ci lasciamo scappare niente?
La asincronia della comunicazione si riferisce al fatto che la reazione a un post su Facebook arriva, se arriva, dopo che abbiamo finito di scriverlo. Diversamente, durante una chiacchierata faccia a faccia, è possibile che il nostro interlocutore ci interrompa con delle domande o per parlare a sua volta di qualcosa che gli sta a cuore, troncando il nostro discorso a metà.
Su Facebook il feedback proveniente dall’altra persona è sempre parziale e quindi non abbiamo un limite esterno con cui regolarci. Siamo noi stessi a doverci controllare e a valutare se è il caso di condividere certi stati d’animo e opinioni oppure no. Magari dopo aver contato sino a dieci.
La disinibizione su Facebook e online non è necessariamente dannosa, perché, opportunamente smussata, può trasformarsi in intimità, ma bisogna essere consapevoli delle conseguenze, per noi e per gli altri, di ciò che condividiamo. Bisogna sapersi fermare. Insomma, condividere sì, ma senza dimenticare il rispetto verso noi e verso le altre persone.
Per approfondire
Suler J. (2004). The Online Disinhibition Effect. CyberPsychology and Behavior. 7:321-326.
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Rosalia Giammetta, psicologa e psicoterapeuta, si occupa di adulti e adolescenti, a Roma. In particolare, è specialista in disturbi d’ansia e depressione e nella prevenzione dei comportamenti a rischio. Ha condotto numerose attività di formazione e ha pubblicato il volume L’adolescenza come risorsa. Per saperne di più, visita la sua pagina personale e leggi gli altri articoli .
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