Videogiochi: gli effetti positivi di World of Warcraft e gli altri

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Nei mesi scorsi i ricercatori della Ohio State University hanno dato un ulteriore contributo alla letteratura sugli effetti positivi dei videogiochi, effetti positivi presenti anche quando si tratta di videogiochi violenti: i videogiochi violenti – il gruppo della Ohio State University ha usato Halo 2 e Unreal Tournament 3, entrambi sparatutto in prima persona – se giocati in più persone in modo cooperativo, non solo non rendono più aggressivi, ma aumentano la capacità di collaborare e integrare il proprio comportamento con quello degli altri.

 

Gli effetti positivi dei videogiochi

Il possibile sviluppo della capacità di collaborare è del resto solo uno degli effetti positivi che la ricerca scientifica ha individuato nei videogiochi. Per questi ultimi resta valido quanto Piaget, psicologo cui dobbiamo una teoria ancora attuale sullo sviluppo del pensiero e dell’intelligenza, diceva del gioco in generale: i videogiochi permettono di elaborare le emozioni, di imparare a condividere e ad amministrare le risorse di cui disponiamo, a negoziare le decisioni, a conoscerci meglio. Soprattutto se si tratta di un gioco che coinvolge altre persone, com’è il caso dei videogiochi giocati da più giocatori in simultanea, attraverso internet (i MMORPG, Massively Multiplayer Online Role-Playing Game), un esempio per tutti World of Warcraft, oppure no, come Halo 2.

Videogiochi - effetti positivi di World of Warcraft e gli altri

Un Signore delle Tenebre in War of Warcraft

Proprio perché è un gioco, al di là della quantità di tecnologia che contiene, un videogioco è un mondo governato da regole a cui è obbligatorio attenersi se si vuole giocare e con obiettivi che possono essere raggiunti in maniera più o meno prefissata. Ciò significa che il videogiocatore esprime nel videogioco, nell’avatar che sceglie di essere come nelle decisioni che di volta in volta prende, la sua personalità, sia nel senso di chi è sia in quello di chi vorrebbe provare a essere.

La possibilità di esplorare modi di essere diversi da quelli sperimentabili nella vita reale è appunto uno degli aspetti che rendono i videogiochi attraenti e coinvolgenti (Przybylski et al., 2012). Un’esplorazione virtuale che può diventare apprendimento di nuove abilità, cognitive e sociali.

 

Gli effetti positivi sulle abilità cognitive

La ricerca di Green e Bavelier, apparsa su di una rivista prestigiosa come Nature nel 2003 e proseguita negli anni seguenti, rimane un caposaldo rispetto ai possibili effetti positivi dei videogiochi sull’attenzione visiva. In particolare, i videogiochi  – Green e Bavelier hanno usato Medal of Honor – aumenterebbero la capacità di individuare un certo oggetto in mezzo ad altri, soprattutto se questo oggetto non è situato al centro del campo visivo.

Altri studi hanno indagato gli effetti positivi dei videogiochi sulle abilità spaziali, in particolare sulla capacità di ruotare mentalmente un oggetto. Ad esempio, Tetris, un videogioco in cui è chiesto di ruotare delle forme per provare se possono essere inserite nello spazio a disposizione, consentirebbe un miglioramento di tali abilità (De Lisi & Wolford, 2002).

 

Imparare a giocare

Innanzitutto bisogna però imparare a giocare. Nei giochi MMORPG, chi è nuovo si trova immediatamente catapultato dentro al gioco e impara mentre gioca. In World of Warcraft sono i giocatori più esperti a dare consigli e spiegazioni, mettendo così la loro competenza sul gioco al servizio degli altri: questa condivisione di conoscenze tra pari, unita alla negoziazione di strategie, è del resto l’unico modo per poter superare molte delle missioni.

Trasmettere ad altri quello che sappiamo, far loro da mentori ci fa sentire competenti e questa sensazione di competenza, che cresce ancora di più nel vedere i progressi che gli altri fanno grazie alle nostre informazioni, è uno degli elementi che possono rafforzare l’autoefficacia. L’autoefficacia – concetto molto fortunato introdotto in psicologia da Albert Bandura – l’autoefficacia è la ragionevole certezza di essere in grado di gestire una data situazione. È questa ragionevole certezza nel fatto che avremo successo a spingerci ad agire. E a continuare a giocare, nonostante gli errori commessi e le frustrazioni. L’incremento dell’autoefficacia è allora un altro degli effetti positivi dei videogiochi.

Nel mettere a disposizione di chi è nel mio gruppo ciò che ho imparato, si realizza ciò che un altro psicologo, Bruner, ha chiamato scaffolding: il giocatore neofita, grazie all’aiuto di un giocatore più esperto che fornisce indicazioni e suggerimenti, riesce a svolgere un compito anche se non possiede ancora tutte le conoscenze e le competenze per farlo in modo autonomo. Può farlo grazie a un supporto. Riprendendo il concetto di autoefficacia, l’esperienza di scaffolding incrementa l’autoefficacia.

L’importanza delle relazioni con gli altri giocatori vale anche per un gioco come FarmVille, molto diverso da World of Warcraft, pensato per casual gamer ma altrettanto basato sulla necessità di fare gruppo. In FarmVille, ci si espande infatti solo se si è in contatto con altri giocatori e con loro si effettuano scambi.

Nel caso di World of Warcraft, in cui nelle missioni si mette a repentaglio la propria vita virtuale, fare gruppo implica, oltre alla capacità di cooperare e mettersi d’accordo su cosa fare, la capacità di costruire relazioni di fiducia con gli altri giocatori. Disporre di conoscenze e piani non basta e servono dunque robuste abilità sociali ed emotive il cui sviluppo può essere sollecitato da giochi come World of Warcraft. Effetti positivi non da poco. Del resto numerose amicizie reali sono nate su World of Warcraft.

Tra le abilità sociali connesse al far parte di un gruppo c’è l’esserne leader e c’è chi ritiene che World of Warcraft possa funzionare da palestra per affinare la propria capacità di essere leader efficaci (Reeves et al., 2008).


Giocare è decidere

I videogiochi pongono il videogiocatore dinanzi a compiti di vario tipo per superare i quali è necessario prendere delle decisioni, possibilmente in maniera rapida. Il fatto che le decisioni si riferiscano a situazioni sempre diverse o che cambiano mentre ci si è ancora dentro richiede una notevole flessibilità di pensiero, la tolleranza di contesti ambigui o caotici, la capacità di prendere delle decisioni anche senza avere a disposizione sufficienti elementi per farlo con ragionevole sicurezza. Tutte abilità di risoluzione dei problemi richieste anche nella vita reale e il cui sviluppo può essere incoraggiato dai videogiochi.

 

Cosa ti spinge a giocare?

Insomma, i videogiochi possono avere diversi effetti positivi. Se li hanno o no, dipende dalla personalità di chi li gioca.

Per i giochi multiplayer, gli effetti positivi si registrano se a spingere a giocare è una motivazione sociale, cioè se quello che cerchiamo nei videogiochi è chattare, farci degli amici, fornire e ricevere supporto, uno scambio con persone che potremmo forse desiderare di incontrare al di fuori del gioco. In questo caso, il videogioco funziona come uno strumento di comunicazione.

Se giochiamo per affermarci sugli altri, se cioè prevale il nostro bisogno di affermazione e successo, oppure per avere una vita migliore di quella reale, gli effetti positivi qui visti non solo si attenuano ma possono essere sostituiti da comportamenti problematici.

È il solito discorso dell’uso che si fa delle cose, tecnologiche o meno. Con un martello posso costruire una casa o distruggere un muro. Cosa scelgo di fare non dipende però dal martello.

 

Per approfondire

De Lisi R. & Wolford J.L. (2002). Improving children’s mental rotation accuracy with computer game playing. The Journal of Genetic Psychology, 163, 272-282.

Green C.S. & Bavelier D. (2003). Action video games modify visual selective attention. Nature, 423, 534-537.

Przybylski A.K. et al. (2012). The Ideal Self at Play: The Appeal of Video Games That Let You Be All You Can Be. Psychological Science, 23, 69-76.

Reeves B., Malone T.W. & O’Driscoll T. (2008). Leadership’s Online Labs. Harvard Business Review, May, 1-10.

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Photo credit: WikiCommons

 

Rosalia Giammetta, psicologa e psicoterapeuta, si occupa di adulti e adolescenti, a Roma. In particolare, è specialista in disturbi d’ansia e depressione e nella prevenzione dei comportamenti a rischio. Ha condotto numerose attività di formazione e ha pubblicato il volume L’adolescenza come risorsa. Per saperne di più, visita la sua pagina personale e leggi gli altri articoli .

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Rosalia Giammetta

Psicologa, psicoterapeuta a orientamento psicodinamico, specialista in disturbi d'ansia, esperta in psicologia dell'adolescenza e dinamiche di gruppo, progettista. Leggi gli altri articoli di Rosalia Giammetta.